Lo smart working aiuterà la produttività nel lungo periodo?

smart working e produttività

Il Covid-19 ha accelerato molte tendenze già emerse prima della pandemia, tra cui le trasformazioni digitali, il mutamento dei comportamenti dei consumatori e l’aumento del lavoro a distanza. Le stime suggeriscono che la percentuale di dipendenti in smart working sia più che raddoppiata dall’inizio della pandemia, e molti prevedono che una buona parte continuerà in modo permanente.
Tuttavia, è la misura giusta per garantire il futuro e il successo delle aziende e dei loro dipendenti?

Lo smart working avvantaggia sia le aziende che i dipendenti

Aziende di diversi i settori affermano che manterranno il lavoro da remoto, come prima e più di prima.
Amazon, Google / Alphabet e Microsoft hanno in programma di continuare con lo smart working anche in autunno, Twitter e Facebook hanno dichiarato che i loro dipendenti potranno lavorare da casa per sempre e molte altre società ne hanno approvato il prolungamento. Compagnie finanziarie e assicurative tra cui Citigroup, HSBC, Morgan Stanley e Nationwide hanno tutte garantito ai dipendenti che gli accordi di lavoro a distanza rimarranno in vigore per il prossimo futuro.

Dal punto di vista aziendale, ci sono validi pretesti per consentire ai dipendenti di lavorare da casa.
Nel breve periodo, promuove la salute e la sicurezza ed evita potenziali azioni legali contro il Covid-19 e nel lungo termine le organizzazioni possono garantire un pool di talenti più ampio per ottenere una forza lavoro più diversificata e risparmiare fino a $11.000 l’anno per ogni dipendente che lavora da remoto, almeno part time.

Dal punto di vista dei dipendenti, secondo molti sondaggi, alle persone piace lavorare da casa. Circa la metà ha intenzione di farlo più spesso dopo Covid.
I dati suggeriscono l’aumento della produttività e della soddisfazione sul lavoro, ad esempio i collaboratori riescono a risparmiare tempo e denaro spesi per il pendolarismo.

A prima vista, sembra ovvio che le organizzazioni che continuano a consentire lo smart working avranno un vantaggio competitivo. Ma con il passare dei mesi in questo esperimento forzato, abbiamo anche visto dati contraddittori che puntano verso una produttività irregolare, burnout, diminuzione della collaborazione ed effetti negativi dell’isolamento sociale. Allora, qual è la giusta via da seguire?

La “produttività del panico” era al suo massimo all’inizio della pandemia

In primo luogo, dipende da chi intervisti, ovviamente. Alcune aziende hanno fatto di tutto per assicurarsi che i dipendenti avessero ciò di cui avevano bisogno per lavorare da casa.
All contrario, ad alcune persone manca ancora uno spazio di lavoro adeguato o una connessione internet affidabile. È improbabile che le organizzazioni che non sono disposte o in grado di soddisfare le esigenze di base dello smart working ottengano i benefici sperati, indipendentemente dal risparmio iniziale sui costi.

Secondo, dipende da quando hai intervistato le persone. Sebbene l’adeguamento iniziale abbia comportato problemi tecnici e distrazioni per alcuni, ha anche fornito un senso di libertà molto apprezzato per coloro che non ne avevano avuto possibilità prima.
Nel primo periodo di lavoro da remoto guidato da Covid-19, diversi sondaggi mostravano significativi guadagni in termini produttività. Nel secondo trimestre del 2020, la produttività del lavoro è stata segnalata come la più alta degli ultimi decenni.

La chiamiamo “produttività del panico” perchè secondo un caso studio di Humanyze una grande percentuale di persone ha lavorato più di 10 ore al giorno nelle settimane successive al lockdown. I dipendenti che temevano di perdere il lavoro volevano dimostrare il loro valore ai superiori o sentivano un forte bisogno di alzare il loro livello.
Con l’aumento dei licenziamenti, i dipendenti rimasti che dovevano riprendere in mano il lavoro, impiegavano ore extra per portarlo a termine, spesso mossi dalla gratitudine di avere ancora uno stipendio.

Inoltre, alcuni collaboratori avevano meno distrazioni a casa rispetto all’ufficio, riportando un miglioramento nella capacità di concentrazione.
Annullati tutti gli spostamenti e chiuse tutte le attività a causa del lockdown, le persone avevano tempo a disposizione e lo riempivano con il lavoro.

Mentre il lavoro in ufficio imponeva a tutti la stessa routine, lo smart working ha dato alle persone la possibilità di controllare la propria giornata lavorativa e ottimizzare la propria produttività, indipendentemente che ciò significasse alzarsi presto o rispondere alle e-mail a tarda notte, o entrambi, in questo modo si aveva il tempo durante la giornata di occuparsi di questioni personali o familiari.

Problemi che a lungo termine mettono a dura prova la produttività dello smart working

Nonostante questi fattori abbiano aumentato la produttività negli ultimi mesi, ci sono segnali che le performance in smart working potrebbero ridursi e addirittura arretrare e le sfide per avvalersi di una forza lavoro da remoto stanno diventando evidenti.

Questi problemi e altri hanno già spinto alcune aziende a impegnarsi per un ritorno almeno parziale in ufficio.

In primo luogo, le persone potrebbero iniziare a stressarsi più del dovuto. Senza i confini fisici tra ufficio e casa, molti trovano difficile riposarsi mentalmente dalle pressioni lavorative e dal burnout e questo comporta costi reali per i datori di lavoro.

Le questioni relative alla protezione dei dati e alla sicurezza dei dispositivi, soprattutto perché un numero crescente di lavoratori utilizza i propri dispositivi mobili per gestire le attività aziendali, rimangono una preoccupazione per molte organizzazioni.

Inoltre, i cambiamenti nei modelli di comunicazione durante lo smart working potrebbero iniziare a ostacolare la produttività e le prestazioni in almeno tre modi importanti:

  1. Le subculture del lavoro dominano.
    Ci sono alcune evidenze che le culture o le sottoculture dei team stiano iniziando a dominare man mano che i team si stanno sempre più isolando dalle altre aree dell’organizzazione. Questo può essere positivo o negativo, ma è importante che la cultura aziendale non vada persa poiché è un driver fondamentale per il successo a lungo termine.
  2. I legami forti si rafforzano e i legami deboli si indeboliscono.
    Rispetto a prima, ora la comunicazione e lo scambio di informazioni avvengono all’interno di una più stretta cerchia di colleghi.
    Mentre tendiamo a portare a termine il nostro lavoro principale con coloro i quali siamo a più stretto contatto (i nostri “legami forti”), quei colleghi con cui parliamo meno spesso (i nostri “legami deboli”) – che eravamo soliti incontrare nel corridoio o in sala relax – sono importanti in altri modi: i legami deboli ci collegano a un gruppo più ampio di persone con prospettive, ruoli e reti diverse. Queste connessioni possono aiutare a prevenire e abbattere i silos, oltre a stimolare la creatività e l’innovazione.Un’analisi condotta da Humanyze ha rilevato che normalmente le persone trascorrevano circa il 45% del loro tempo interagendo con i loro cinque legami più forti prima del Covid-19. Nei primi mesi di blocco, quella cifra ha superato il 60%. Hanno scoperto che i legami deboli si sono deteriorati, poiché i contatti dei dipendenti con colleghi più distanti sono diminuiti del 30%. E, tipico di quanto sta accadendo, le interazioni informali sono diminuite del 14% durante il passaggio al lavoro a distanza e non si sono mai più rialzate.
  3. Il capitale sociale potrebbe erodersi.
    Il capitale sociale, che si riferisce alle risorse disponibili derivanti dalle reti di relazioni, è stato costruito negli anni dal tempo trascorso faccia a faccia – in riunioni, eventi sociali e alla macchinetta del caffè. Ma cosa succede quando le relazioni costruite nel tempo non hanno più un’interazione dal vivo per sostenerle? Cominciano a erodersi. Se la nostra produttività attuale è aumentata perché stiamo investendo meno tempo nel mantenimento di reti professionali, cosa significherà nei mesi e negli anni a venire?
    E per quanto riguarda i dipendenti più giovani che hanno appena iniziato a costruire le loro reti? Prima della pandemia si diceva che i dipendenti in loco ricevevano incarichi migliori e venivano considerati più produttivi e apprezzati. Ciò significherà che chi aveva reti più solide, quindi presente in azienda da più tempo, sarà avvantaggiato rispetto ai nuovi assunti?

Infine, alcuni tipi di formazione e sviluppo dei dipendenti potrebbero non essere all’altezza. Proprio come molti genitori si chiedono se l’istruzione online dei loro figli sia efficace quanto l’insegnamento di persona, anche alcuni tipi di sviluppo professionale potrebbero risentirne. La ricerca mostra che l’apprendimento online è ampiamente utilizzato con successo per molti tipi di formazione, ma le capacità interpersonali e la formazione alla leadership possono ancora beneficiare di un approccio misto. E questo sottolinea le opportunità mancate di tutoraggio e apprendimento informale, che potrebbero non verificarsi così spesso in ambienti remoti.

I leader devono affrontare le sfide del lavoro a distanza

Quindi, i leader dovrebbero riportare le persone in ufficio il prima possibile o è tenerle lontane la strada da percorrere? Dipende.
È risaputo, pochi dicono di voler lavorare full time da remoto; la maggior parte delle persone desidera e necessita di un’interazione faccia a faccia almeno occasionale. Lo smart working consente alle persone di plasmare il proprio modo di lavorare migliorandolo e rendendolo e più produttivo.
Allo stesso tempo, non sappiamo per quanto la pandemia renderà ancora difficile il pieno ritorno in ufficio, o quando la prossima potrebbe riportarci in una situazione simile a quella odierna.

Quel che è certo è che i leader dovrebbero pensare a come vogliono affrontare le sfide del lavoro a distanza ora e nel futuro, sia che le organizzazioni mantengano il proprio personale principalmente da remoto o creino una forza lavoro ibrida.

Piuttosto che considerare se lo smart working sia una condizione da mantenere o meno, dovremmo cercare di comprendere gli effetti di dove e come gli individui e l’organizzazione in senso più ampio svolgono efficacemente il lavoro e contribuire a sostenerli.

Scritto da Mark Marone, PhD. direttore della Thought Leadership per Dale Carnegie and Associates, per la quale è responsabile delle ricerche in corso su temi attuali che riguardano leader, dipendenti e organizzazioni in tutto il mondo. Tra i temi di cui si è occupato troviamo la leadership, la customer experience e la vendita.

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Attraverso un’approfondita analisi degli obiettivi strategici e della realtà aziendale, Dale Carnegie progetta ogni singolo percorso formativo per espandere e affinare i driver per il miglioramento permanente delle performance, lavorando su 6 Aree Strategiche: abilità di relazione interpersonale, vendita, comunicazione e public speaking, customer service, leadership, innovazione e change management.

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